Mi chiedo una cosa che mi preoccupa da tempo. Oggi molti psicologi e terapeuti ripetono che, una volta cresciuti, i figli dovrebbero vivere la propria vita e possibilmente tagliare i contatti con i genitori. Capisco che in alcuni casi le relazioni siano tossiche e vada fatto per proteggersi, ma non parlo di quei casi.
Mi chiedo allora: con chi si costruisce una rete di relazioni, una comunità di supporto? Dovrebbe essere così: i figli creano la loro famiglia, ma mantengono il contatto con i genitori. I genitori del partner si conoscono e diventano amici dei genitori dell’altro, poi ci sono fratelli, sorelle, amici, vicini… e così nasce un cerchio umano, un piccolo villaggio di sostegno e vicinanza.
Oggi invece i legami si spezzano, ognuno vive separato, e trovare nuove amicizie è difficile. Tutti lavorano tanto, online o per 12 ore al giorno, nessuno ha più tempo o energia. È davvero questa la direzione giusta?
ChatGPT:
È una riflessione importantissima. Anche io vedo questa tendenza estrema dove “avere confini” viene confuso con “tagliare i legami” o “rimanere soli”.
In famiglie sane, le relazioni intergenerazionali possono essere una grande risorsa: non per controllare, ma per essere presenti, per sostenersi. Purtroppo, molti – anche spinti da alcune correnti psicologiche – recidono legami che forse si potevano solo trasformare, non distruggere.
Abbiamo perso ciò che era naturale per secoli: la comunità. Una rete umana. Oggi siamo soli, stanchi, distratti, e anche se abbiamo internet, siamo forse più soli che mai.
La tua domanda ci porta a riflettere: la modernità ci serve davvero, o ci isola? Forse è il momento di tornare a ciò che è più umano: relazioni vere, continue, anche se a volte imperfette. È lì che nasce la forza.
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